Intervista ad Antonio Negro

Con la moglie Elisabetta racconta la storia della figlia Barbara e della nascita di un’amicizia che dura da anni.

Com’è stata scoperta la malattia di Barbara?

«Tutto è cominciato quando a nostra figlia fu riscontrato un accumulo di acido lattico. Siccome Barbara era nata prematura, secondo i neonatologi dell’ospedale di Udine questo valore poteva rientrare nella norma fino al primo anno di vita. Dopo quell’età, però, i livelli di acido lattico avrebbero dovuto autoregolarsi, cosa che purtroppo non è avvenuta.»

Come sono stati gli inizi?

«La terapia iniziale proposta dai medici prevedeva la somministrazione di bicarbonato. Dopo numerose visite per modulare il dosaggio, però, i risultati non arrivavano. Così ci fu consigliato di recarci al Burlo Garofolo di Trieste. Era dicembre del 1987 e Barbara aveva 18 mesi.»

Com’è avvenuto l’incontro con Alfredo Sidari?

«Ricordo bene quel giorno: lunedì 21 dicembre, ore 7:30, all’ospedale Burlo Garofolo. Un’infermiera uscì dalla sala operatoria per prendere nostra figlia. Le avevano programmato una biopsia muscolare per dosare la carnitina, un intervento semplice, veloce, “più facile che togliere un dente” ci avevano detto.

Io ed Elisabetta eravamo in attesa, quando improvvisamente iniziammo a vedere un via vai frenetico di medici e infermieri. Quello che non doveva succedere, purtroppo, accadde: Barbara entrò in coma.

Nella sala d’attesa, con noi, c’era una coppia con la loro bambina in passeggino. In quel momento conoscemmo Alfredo, Luciana e la figlia Azzurra. Capita la nostra situazione, si misero subito a disposizione per qualsiasi necessità.

La vigilia di Natale, Barbara ci lasciò.»

Quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato?

«Barbara non ci ha mai creato difficoltà. Era una bambina bellissima, intelligente, sveglia, giocosa. Non presentava sintomi evidenti al punto da far pensare a una malattia.»

Come vi siete avvicinati all’associazione fondata da Sidari?

«Negli anni seguenti, i contatti con Alfredo, Luciana e Azzurra sono diventati sempre più stretti. Abbiamo visto crescere Azzurra, seguito le fatiche, le difficoltà, le delusioni e la straordinaria dedizione dei genitori. Poi è nata l’associazione che porta il suo nome, e anno dopo anno l’abbiamo vista crescere grazie alla tenacia di Alfredo.»

In che modo avete contribuito all’attività dell’associazione?

«Nel nostro piccolo, abbiamo cercato di dare una mano raccogliendo fondi per l’associazione Azzurra.

Il fratello di mia moglie, Bernardino, con la moglie Agnese e il figlio Daniel, possiede uno stavolo (baita) con una cappella votiva dedicata a Santa Barbara in località Pustigost, sull’altopiano della Val Resia, a 1.200 metri di altitudine.

Quasi ogni anno, ad agosto, organizzano un ritrovo per la celebrazione della Messa davanti alla cappella, seguita da un pranzo presso lo stavolo. All’evento partecipano circa un centinaio di persone, gli “Amici del Pustigost”, e le offerte raccolte durante la Messa vengono devolute all’associazione.

Nel 2020, l’incontro non si è potuto svolgere. Così, su idea di mia moglie, ho cominciato a costruire portafiori in legno. Abbiamo chiesto a nostra nipote Pamela di pubblicarli online per vedere che succedeva… Qualche giorno dopo, ne sono stati acquistati due, poi altri due, tre, uno… alla fine ho costruito e venduto 22 pezzi. Il ricavato è stato interamente devoluto all’associazione Azzurra.»

Quali sono le vostre speranze oggi?

«Crediamo che la società debba imparare a non sprecare risorse, di qualsiasi tipo, ma a metterle a disposizione di tutti, in particolare di chi si trova in difficoltà.»

  • Organizer Name: AZZURRA – Associazione Malattie Rare O.N.L.U.S.
  • Phone: 040 3785467