“Siamo determinati a far valere sempre ciò che è un diritto di nostra figlia: essere curata.”

Sono circa le 14.00 quando arriviamo davanti alla porta di casa. Ad accoglierci c’è Antonio, il papà di Margherita. Poco dopo arriva anche la mamma, Veronica. Margherita è una bellissima bambina: ha i capelli biondi raccolti e uno sguardo timido, come spesso accade quando i bambini incontrano uno sconosciuto. Ma è anche curiosa: ci osserva di sfuggita mentre il suo papà ci invita ad accomodarci in salotto.

È sdraiata sul divano, senza alcun ausilio medico visibile, né tubi per mangiare o respirare. Alfredo si avvicina a lei con dolcezza, inizia a giocare e a coccolarla. Margherita ha 3 anni ed è affetta da SMA, diagnosticata appena tre mesi dopo la nascita. Antonio ha occhi solo per lei:

“È il nostro dono più grande. Ci sta insegnando a vivere in un modo nuovo.”

L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una malattia neuromuscolare rara, caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni, quei neuroni che trasmettono i segnali dal sistema nervoso centrale ai muscoli, controllandone il movimento. La malattia causa una progressiva debolezza e atrofia muscolare, in particolare agli arti inferiori e ai muscoli respiratori. Colpisce circa un neonato su 10.000 e, nel 95% dei casi, è causata da mutazioni del gene SMN1, fondamentale per la sopravvivenza e il corretto funzionamento dei motoneuroni.

Mentre Alfredo costruisce con Margherita una torre di cubi colorati, Antonio ed io parliamo come due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo. Le sue parole sono cariche di speranza e di gratitudine per ogni momento vissuto con la sua bambina che, contro ogni previsione medica, continua a stupire.

La SMA si manifesta in forme diverse, classificate in base all’età di esordio e alla gravità dei sintomi. La SMA di tipo 1 è la più grave: compare entro i primi sei mesi di vita, compromette lo sviluppo motorio, la respirazione e la deglutizione. Senza supporto respiratorio, i bambini colpiti raramente superano i due anni. Le forme SMA di tipo 2 e 3 sono più lievi, grazie alla presenza di più copie del gene SMN2 che consente la produzione di una maggiore quantità di proteina SMN. La SMA2 si manifesta tra i 6 e i 18 mesi, la SMA3 tra infanzia e adolescenza. Infine, la SMA4, la forma meno grave, insorge in età adulta.

“Volete un caffè?” – ci chiede Antonio, dimostrando di essere un perfetto padrone di casa. La sua gentilezza rende l’ambiente subito accogliente. Non perde mai di vista Margherita:

“D’estate andiamo in campeggio perché le piace nuotare, e quest’anno le insegnerò anche a pescare” – ci dice con un sorriso pieno d’orgoglio.

Poi, il rumore delle chiavi nella serratura e la porta che si apre. È arrivata Veronica, la mamma. Una donna giovane, vivace, con le idee chiare, tutt’altro che rassegnata:

“Quando ci hanno confermato la diagnosi di SMA, ci è crollato il mondo addosso. Abbiamo provato un senso di vuoto, e poi un abbandono istituzionale che ci ha fatto sentire soli. Ma non ci siamo arresi. Abbiamo cercato ovunque, studiato, chiesto aiuto. Abbiamo anche alzato la voce, quando serviva. Poi abbiamo trovato la strada giusta. Ora stiamo aiutando Margherita a vivere una vita il più possibile normale e serena.”

Fino a pochi anni fa, l’unico approccio alla SMA era sintomatico e multidisciplinare, mirato a migliorare la qualità della vita. Oggi è disponibile anche in Italia un farmaco specifico: nusinersen, un oligonucleotide antisenso (ASO) progettato per agire sul gene SMN2 e stimolare la produzione di una proteina SMN funzionale. Altre terapie, come la terapia genica, sono ancora in fase sperimentale.

Nonostante abbia la forma più grave della malattia, Margherita riesce a muoversi con la sua piccola quattroruote.

Veronica ha lasciato il lavoro per tutto il primo anno di vita della figlia, per starle accanto. Poi ha ripreso a lavorare, anche se con contratti precari. Il sostegno dell’Azienda Sanitaria, che ha fornito un valido servizio infermieristico, è stato fondamentale. Antonio, invece, continua a destreggiarsi tra il lavoro nel suo negozio di abbigliamento e le esigenze della famiglia:

“Non è facile – ci confida – ci aiutano i nonni e teniamo sempre il telefono vicino.”

Poi aggiunge:

“Ricordo un giorno in particolare. La nonna mi chiamò, preoccupata: Margherita non riusciva a deglutire e stava male. Mollai tutto, presi il motorino, e in un lampo – più veloce di Nuvolari – ero a casa. Per fortuna andò tutto bene.”

Veronica annuisce:

“Ora siamo meglio organizzati e sentiamo davvero la presenza delle istituzioni, sia per l’accesso alle terapie che per la disponibilità dei farmaci, che per Margherita sono letteralmente salvavita. Poi c’è Alfredo, con la sua Associazione Azzurra: grazie al progetto 4 Passi ci regala piccoli momenti per noi. E anche il Distretto sanitario di Roiano fa la sua parte con dedizione e competenza.”

Veronica sta cercando un lavoro più stabile:

“Ne ho parlato con Antonio: voglio riprendere in mano anche un pezzetto della mia vita. La serenità familiare è una forza fondamentale contro la malattia.”

Sono le 15.30. Margherita si nasconde dietro le porte e gioca, come tutti i bambini, sotto lo sguardo attento del papà.

“Siamo determinati a far valere sempre ciò che è un diritto di nostra figlia: essere curata”, ripete Antonio. Nei suoi occhi, come in quelli di Veronica, brilla la speranza. È evidente quanto la forza di volontà faccia la differenza.

Alfredo ed io ci congediamo. La porta si chiude dolcemente dietro di noi. Scendiamo le scale in silenzio.

Alfredo è commosso. Io pure.

Per i bambini di Azzurra, dobbiamo continuare ad impegnarci. Sempre di più.

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