“I bambini con malattie rare devono essere stimolati tanto: tutto ciò che mio figlio è oggi lo deve, soprattutto, alla costante stimolazione che ha ricevuto.”
Mamma Daniela ha una grinta da vendere. Non si è mai arresa, trasmettendo forza e determinazione a suo figlio Jaber, oggi ventiquattrenne.
Come avete scoperto la malattia?
«Il problema era già evidente durante la gravidanza, tra il quarto e il quinto mese. Sono stata ricoverata e Jaber è nato prematuro alla 31ª settimana, pesava solo 760 grammi. Fin dai primi giorni si sono presentate diverse complicazioni: setticemia, infezioni ricorrenti, difficoltà a crescere. Era alimentato artificialmente. Dopo otto mesi di ricovero al Burlo Garofolo, siamo finalmente tornati a casa, ma le infezioni continuavano a ripresentarsi.
Abbiamo scoperto che c’erano solo una decina di casi simili in tutto il mondo: si trattava di una sindrome diarroica rara, ma non ne conoscevamo la causa.»
Com’è stato l’inizio?
«Dopo i primi otto mesi in ospedale, tornavamo al Burlo settimanalmente per i controlli. Dopo neppure un mese e mezzo a casa, ha avuto una crisi gravissima: è andato in acidosi metabolica, si è salvato per un soffio. La nutrizione era sempre artificiale. Nei primi tre anni ha affrontato diverse setticemie con gravi scompensi della coagulazione. Solo dopo il terzo anno le infezioni sono diventate meno frequenti.»
Come siete entrati in contatto con l’Associazione Azzurra?
«Al Burlo conobbi Alfredo Sidari grazie a una suora che aiutava le mamme. Da allora, era il 2000, sono entrata a far parte del direttivo dell’associazione. Azzurra è stata fondamentale per far conoscere le malattie rare. Quando è nato mio figlio, mancava tutto: non c’erano i distretti sanitari, né la fisioterapia, né i pannolini. La situazione era decisamente più difficile rispetto a oggi.»
In che modo vi ha aiutato Azzurra?
«Prima di tutto non ci siamo più sentiti soli. Abbiamo stretto amicizie con altre mamme e condividevamo ogni problema. Poi Azzurra ha iniziato a raccogliere fondi e a realizzare progetti essenziali. I bambini con malattie rare hanno bisogno di stimolazione continua. Mio figlio nei primi tre anni non aveva sviluppato nulla, ma grazie alla stimolazione ha fatto progressi enormi.
L’aiuto economico che riceviamo a fine anno è fondamentale per sostenere i costi della riabilitazione, dell’assistenza, dell’educatore o della baby-sitter. Anche il Comune mi ha aiutato. Azzurra è stata qualcosa di davvero importante per me e per mio figlio, che oggi conduce una vita normale: ha finito la quinta superiore, ogni tanto lavora con il padre e ha buone relazioni con ragazzi più giovani. La nutrizione artificiale è sempre andata diminuendo, e ora stiamo provando a farne a meno del tutto.»
Quali sono state le difficoltà maggiori?
«Il mio lavoro da infermiera mi ha aiutato molto, soprattutto per la nutrizione artificiale. Non ho mai mentito a mio figlio: sono sempre stata sincera con lui. Ma ammetto che lo sconforto è stato enorme nei momenti più critici, quando temevo che non ce la facesse. Tuttavia, il mio carattere mi ha sempre spinto a guardare avanti. Le cose brutte non si dimenticano, ma si mettono da parte. Ho dovuto tirare fuori tutta la grinta che avevo. In pratica, ero sempre sola a prendere decisioni, a muovermi, a fare tutto. Ma non mi sono mai arresa.»